Dario Franceschini è in Sardegna per inaugurare una mostra d’arte. Ma la notizia non è questa ma la volontà da parte del Ministro e del Ministero di fare in modo che i Giganti di Mont’e Prama vengano esposti in un unico museo e diventino attrattore turistico culturale per la Sardegna e per l’Italia intera.

Questa decisione ha fatto scaturire una discussione interessante su facebook (ringrazio uno su tutti Sergio Cagol)  dove sono nate alcune differenze di vedute generali.

Un museo o un generico attrattore deve essere valorizzato nel luogo o può essere decontestualizzato per essere fruito anche in altro luogo?

Portare i Giganti di Mont’e Prama a Cagliari, nel Museo Archeologico Nazionale avrebbe sicuramente un senso economico importante sia per il fatturato dovuto a un bacino d’utenza maggiore che in termi di struttura capace di ammortizzare i costi all’interno di una struttura consolidata e finanziata. Ma ragionando un po’ per estremi, se la tendenza sarà quella di aggregare ritrovamenti o attrattori dislocabili altrove dal luogo di provenienza ci ritroveremmo con grandi musei nelle grandi città e nessuna attratore culturale di almeno medio livello al di fuori dei grossi centri. Quindi piccoli centri che dovranno per forza puntare su quegli elementi che non possono essere dislocati come risorse ambientali e immateriali.

Il rischio è però che in un mondo sempre più alla ricerca di vacanze brevi e accessibili ci si possa ritrovare in una saturazione di destinazioni-attrattori principali per fruizioni sempre più globalizzate e senza il giusto tempo per apprezzarle.

E’ evidente infatti che i grandi poli museali come il Louvre o gli Uffizi, ad esempio, diventano non esperienza d’arte ma spesso mero collezionismo di presenza. Un turismo di massa disattento non serve se non alle casse, forse. Ma possiamo già vedere quanto i danni collaterali del turismo di massa sta creando in Italia (crocieristico, ad esempio). Danni addirittura tali da far ripensare strategie nazionali (come in Spagna, con i dovuti distinguo, per il turismo di massa balneare).

Esistono alternative? Credo di sì.

Parliamo tanto di turismo esperienziale e di storytelling ma senza ancorare il racconto al territorio in cui si svolge e magari solo con artifizi digitali stiamo solo raccontando male e vendendo un mezzo prodotto.

Altro discorso importante è quello relativo allo sviluppo locale. In un mondo dove l’industria è moribonda e la grande impresa soffre provare a creare un modello diverso è forse un tentativo che ha senso fare.

Creare intorno ad un attrattore importante le condizioni per un’offerta adeguata, organizzata e competitiva senza stravolgere il territorio ma anzi recuperandolo e ove possibile riconvertirlo è tentativo da fare.

Copio una risposta di una figlia della Sardegna che vive e lavora all’estero, Alice Pilia Drago.

“Sono appena tornata dall’Islanda, che ha una stagione turistica relativamente limitata (3 mesi d’estate che vuol dire max 10 gradi e niente neve). Non ci sono treni e c’è un’unica lunga strada asfaltata.
Le strutture di accoglienza erano impeccabili, accoglienti e tutto sommato a buon prezzo. Tutte, anche quelle a 2 ore di strada sterrata dalla “civiltà”. C’è wi-FI gratuito ovunque, anche sulle scogliere vulcaniche con molte più foche che persone.
La maggior parte delle attrazioni turistiche è gratuita e servita di punti di ristoro convenienti e di buona qualità, servizi igienici immacolati, negozi che promuovono artigianato e produzioni locali e souvenir vari, dalle pelli di foca alle tute da neve iper tecnologiche. Dai maglioni tradizionali e fatti a mano ai pupazzi delle pulcinelle di mare.
Ho guidato per ore per vedere una cascata o un minuscolo museo sulle saghe islandesi.
Sono un’idiota/masochista ?
No, semplicemente si tratta di un posto splendido e i suoi abitanti ne sono orgogliosi, quindi si impegnano al massimo per “ricompensare” l’interesse del visitatore con gentilezza, flessibilità e offrendo un’esperienza piacevole. Hanno 4 mesi di sole e per il resto vivono al buio della notte artica e sepolti dalla neve. Sono a 3 ore di aereo dal resto del mondo e hanno avuto una crisi economica che per fortuna noi ancora non ci riusciamo a immaginare.
E allora perché da noi deve tutto essere sempre più complicato? Sempre “meglio lasciar stare”?

Alla fine… È solo questione di buon senso e buona volontà collettiva. Il resto, volendo, si risolve…

Il resto, volendo, si risolve.

Ecco, la soluzione sta tutta in quel volendo.

Ed io, fortissimamente, lo voglio.

PS: Mentre scrivo Dario Franceschini annuncia che il museo si farà a Cabras. Per la cronaca è la prima volta che sono d’accordo con lui.

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insopportabile

Ne ho le scatole piene, ma con eleganza.

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