Le città, i paesi, sono comunità di persone che condividono interessi comuni, storia, luoghi, passato e futuro.

Pianificare il proprio futuro è cittadinanza ma soprattutto urbanistica nel senso più alto e puro del termine.

Non grette volumetrie edilizie ma l’evoluzione sociale, economica e culturale di una comunità costruita su ciò che sono stati, su ciò che sono e su ciò che vogliono essere, insieme

La tendenza degli ultimi decenni è invece di trovare soluzioni disarticolate che eventualmente risolvono problemi puntuali senza valutare l’insieme e senza esserne parte progettuale di senso. 

In questo la politica bulimica e schizofrenica ha solo peggiorato enormemente le questioni portando a una mentalità utilitaristica e parziale che ragiona sugli interventi in modalità opera pubblica senza valutarne gli impatti sociali oltre che economici estesi. 

E ci ritroviamo quindi a vedere scaraventati progetti che non sono assurdi di per sé ma lo sono perché avulsi dalle esigenze delle comunità spesso piegate a quelle dei cittadini temporanei volgarmente chiamati turisti

Ed ecco quindi progetti come il lungomare del porto di Cagliari e il suo Mercato di San Benedetto, ospedali e stadi, pavimentazioni e porti, teatri e musei, le coste e le zone interne che vengono stravolti nella loro funzione storica per diventare non una evoluzione di senso ma solo o per essere più economicamente efficienti e attrattivi (cool, come direbbero quelli bravi).

Un problema che ormai è diffuso in tutta Italia (e nel mondo) con centri urbani trasformati in set turistici per transumanze di carne animata senza una vera immersione nella dimensione del luogo e con esperienze artefatte, spesso edulcorate e comunque non utili alla cresciti della collettività.

E tutto questo comporta il rischio di ottenere un doppio danno: cancellare la funzione primaria e la storia togliendo uno dei valori comuni sui quali si costruisce e si rinnova l’identità delle comunità e mettere questi luoghi sul mercato come prodotti e quindi in balia dell’umore del cliente (non cittadino) e del mercato che ne possono decretare la fine. 

Curioso che in un mondo dove il turismo cerca la valorizzazione delle esperienze per conoscere i luoghi, le culture e le identità (senza stravolgerle, nel principio della sostenibilità turistica) ci si metta invece a monte a cancellare l’identità che invece il turista ricerca.

È urgente una revisione urgente dei processi democratici per la scelta del proprio futuro che non può essere il firmare una cambiale in bianco alla maggioranza di turno che anche se illuminata avrà sempre una visione parziale delle esigenze collettive, sempre che

Trovare una via diversa con un punto di fisso:

Trovare una via diversa con un punto di fisso: essere se stessi crescendo insieme, perché questo dovrebbe essere.

Non rimanendo fossilizzati in una immagine sbiadita ma trovando il senso comune del futuro discutendone e scrivendolo insieme, non cancellandolo sull’altare dell’efficienza economica che spesso non è nient’altro che il desiderio di monetizzare meglio e di più. 

Soprattutto perché non tutto deve essere azione per monetizzare, soprattutto quando si parla di futuro pubblico.

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insopportabile

Ne ho le scatole piene, ma con eleganza.

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