Traggo spunto dall’ultima (in ordine di apparizione) dichiarazione del politico di turno sul digitale.

Giorgia Meloni, papabile primo ministro del prossimo governo dichiara che

“Abbiamo un nuovo progetto per il nostro Made in Italy a cui teniamo molto. Lo Stato italiano dovrà gestire una piattaforma di e-commerce, ovvero un portale del Made in Italy, dove far confluire le nostre aziende che vendono in tutto il mondo. Abbiamo tante eccellenze da promuovere per Pmi e aziende”.

No passa giorno che un politico, qualunque sia il livello nel quale opera, cerca nel digitale le soluzioni veloci per attirare consenso, credendo che il digitale sia la bacchetta magica per risolvere problemi strutturati e complessi.

La sindrome del portale poi ormai fa parte della casistica medica politica italiana: risolvere la disorganizzazione cronica, la mancanza di idee e regole, l’assenza di investimenti e la pazienza per le cose fatte bene con un mirabolante strumento elettronico copiato da quelli di successo sembra la soluzione più veloce e soprattuto dal successo assicurato.

Cari politici, vi svelo un segreto: se Amazon è leader del mercato dell’ecommerce non è per una piattaforma digitale che agevola la domanda e l’offerta ma per l’organizzazione scientifica dei processi lavorativi, per la qualità delle persone che ci lavorano, per la qualità maniacale nel migliorare ogni aspetto dei processi stessi.

Tutto questo ogni giorno, per anni, costantemente e con investimenti possenti.

Non basta copiare una piattaforma per magicamente mettere in contatto domanda e offerta, dall’oggi al domani, senza sperperare l’ennesima occasione per innovare il mercato magari incentivando realmente le aziende alla digitalizzazione concreta.

Nel turismo e nella cultura poi la questione è ormai patologica: qualunque ministro o assessore pensa di risolvere i problemi del comparto con l’ennesimo Booking dei poveri in maniera costantemente imbarazzante.

Negli anni milioni di investimenti in portali, app, piattaforme, totem e sistemi che di certo hanno solo lo spreco di danaro per idee palesemente antiquate e fallimentari.

Da Italia.it passando per IT’sArt l’unico risultato è certificare la propria presenza politica lucidando con il danaro pubblico il proprio ego.

Fare politica dovrebbe far sentire il peso e la responsabilità di dover disegnare il presente e il futuro delle comunità investendo il loro danaro che faticosamente guadagnano, affidandolo a chi lo investe per creare le condizioni per avere appunto un futuro migliore.

Vedere questo danaro buttato senza alcun senso e logica solo perché lo si può fare e non si rischia nulla è avvilente e frustrante.

Non so quanti politici con il loro danaro rischierebbero operazioni di quel genere. Non so ad esempio quanto Fracenschini con il suo capitale avrebbe mai aperto It’sArt, la Netflix della Cultura.

Cari politici tutti, ministri, deputati, senatori ma anche sindaci, assessori e consiglieri, vi svelo un segreto, quando non capite bene qualcosa non è una vergogna, nessuno può sapere e comprendere tutto.

Anche i Nobel magari non sanno riparare un rubinetto o cucinare un uovo (per la pasta siamo messi meglio, mi sa) ma quando non si sa una cosa basta chiedere a chi ne sa più di noi.

È facile circondarsi di persone che vi possono aiutare a non prendere decisioni avventate se non proprio stupide.

Lasciate perdere portali, app e baggianate digitali varie, investite sulle persone che vi facciano capire il mondo che vi apprestate a voler governare.

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insopportabile

Ne ho le scatole piene, ma con eleganza.

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