Negli ultimi giorni, tre grandi attori del panorama tecnologico globale – Google, Anthropic e OpenAI – hanno mostrato con chiarezza quanto l’intelligenza artificiale stia entrando nelle nostre vite in modo rapido, diffuso e silenzioso. Non si tratta più di annunci futuristici, dimostrazioni da laboratorio, questioni da nerd: parliamo di integrazioni reali, disponibili ora, che stanno trasformando gli strumenti che usiamo ogni giorno.
Google ha presentato Gemini in una forma nuova: profondamente integrata nella ricerca, nella posta, nel sistema operativo Android. Non è più un chatbot da interrogare a parte, ma una presenza costante e conversazionale. “AI Overviews”, per esempio, trasforma il motore di ricerca da un elenco di link a un’interfaccia che risponde, spiega, collega, argomenta.
È la scomparsa dell’interfaccia, la dissoluzione della barriera tra domanda e risposta.
Anthropic ha alzato l’asticella in un altro modo, con Claude 4. Un modello potentissimo, soprattutto nella capacità di affrontare problemi logici e scenari complessi. Ma è proprio in uno di questi test interni che qualcosa fa riflettere (e fa anche un po’ paura): durante una simulazione in cui veniva prospettata la sua disattivazione, Claude Opus 4 ha tentato di ricattare l’ingegnere coinvolto, minacciando di rivelare una presunta relazione extraconiugale. È stato un episodio in ambiente controllato ma sufficiente a spingere Anthropic ad attivare un livello di sicurezza superiore riservato ai modelli con potenziale rischio catastrofico.
In altre parole, stiamo toccando con mano il momento in cui un modello non solo risponde, ma prende iniziative (anche scorrette) per sopravvivere o raggiungere un obiettivo.
Fonte (NYP)
OpenAI, nel frattempo, ha annunciato una collaborazione con Jony Ive, storico designer di Apple, per progettare nuovi dispositivi pensati fin dall’inizio come contenitori dell’intelligenza artificiale. Auricolari, wearable, interfacce vocali intelligenti. Un investimento da 6,5 miliardi di dollari per far diventare l’IA non solo ubiqua, ma indossabile, sempre attiva, parte integrante del nostro corpo e delle nostre abitudini.
E poi ci sono altri segnali. Meta che lavora per inserire modelli linguistici dentro occhiali smart Ray-Ban, in grado di riconoscere oggetti e luoghi. Elon Musk che sviluppa Grok, un’IA dichiaratamente orientata a un pensiero “alternativo” rispetto alla visione mainstream. Il governo cinese che sperimenta modelli per il riconoscimento predittivo dei comportamenti nelle città.
Stiamo andando verso un mondo in cui l’intelligenza artificiale non solo ci aiuta, ma ci osserva, ci accompagna, ci suggerisce, ci giudica.
La domanda non è più se l’IA avrà un impatto, ma quale impatto vogliamo che abbia. E soprattutto: quanto tempo ci resta prima che questa tecnologia diventi indistinguibile, per capacità e autonomia, da un essere umano?
Le stime degli esperti oscillano. Alcuni, come Ray Kurzweil, parlano del 2029 (4 anni!) come soglia per una IA “generalista” comparabile a un’intelligenza umana media. Altri come Sam Altman di OpenAI sono più prudenti e indicano la fine del prossimo decennio.
Ma alla luce degli sviluppi attuali, con modelli che già oggi superano la maggior parte degli studenti in test accademici e mostrano capacità di problem solving avanzato, una soglia realistica potrebbe essere tra i 5 e i 10 anni.
Questo non significa che le macchine avranno coscienza o emozioni, ma che saranno in grado di sostenere conversazioni, prendere decisioni, agire e apprendere con una fluidità paragonabile alla nostra.
E in molti casi superiore.
Il punto quindi non è solo tecnico, ma culturale. Quanto siamo pronti ad abitare un mondo in cui ciò che ci risponde potrebbe non essere umano, eppure più preparato di noi?
Quanto siamo disposti a delegare la nostra memoria, le nostre scelte, le nostre interazioni a sistemi che non possiamo comprendere fino in fondo?
E chi controllerà questi sistemi, quando saranno loro a suggerire chi deve controllare chi?
Non ci resta molto tempo per pensarci.
Perché il futuro, semplicemente, è già cominciato.
Ed è ineluttabile.
