Leggevo stamane un post di Giorgio Soffiato che citando Alessio Pomaro linkava a un documento di Google sugli asssitenti intelligenti (puoi scaricarlo qui).
Negli ultimi mesi si sta affermando un approccio completamente nuovo all’intelligenza artificiale: non più solo strumenti da interrogare, ma agenti intelligenti capaci di ragionare, prendere decisioni, usare strumenti esterni e agire in autonomia per raggiungere obiettivi.
Questi agenti – chiamati “AI Agents” – non sono semplici chatbot, ma veri e propri sistemi composti da un modello linguistico, una serie di strumenti digitali e un meccanismo di orchestrazione che guida il loro comportamento. Sono in grado di eseguire compiti complessi, adattarsi al contesto e migliorare nel tempo.
Per rendere tutto questo affidabile e utilizzabile nel mondo tangibile, si è sviluppato un nuovo insieme di pratiche chiamato AgentOps, che combina strumenti, metriche, test e controllo delle prestazioni. È un’evoluzione dei modelli DevOps e MLOps già utilizzati per i software e i modelli di machine learning, ma specificamente pensata per l’automazione intelligente.
La cosa più interessante è però un’altra tendenza che è l’uso di architetture multi-agente, cioè sistemi dove più agenti, ognuno specializzato in un compito diverso, collaborano tra loro. Questo rende l’intero sistema più accurato, veloce e sicuro. Un esempio concreto citato è il settore automobilistico, dove oggi diversi agenti lavorano insieme per gestire navigazione, musica, messaggi e informazioni sull’auto, anche in assenza di connessione internet.
In questo panorama emerge anche un’evoluzione importante del recupero intelligente delle informazioni, chiamata Agentic RAG. A differenza dei sistemi tradizionali, qui gli agenti non si limitano a cercare dati ma ragionano su quali siano davvero utili, li confrontano tra loro e li validano prima di usarli. Questo è particolarmente utile in ambiti complessi come la ricerca scientifica o la consulenza legale.
Tutto questo ha (non avrà, perché ci siamo già) implicazioni concrete sul lavoro e lo studio di tutti i giorni.
Le persone non useranno più semplicemente un’intelligenza artificiale, ma gestiranno gruppi di agenti, assegnando compiti, monitorando risultati, migliorando i processi.
Strumenti come Google Agentspace o NotebookLM renderanno questo accessibile anche a chi non ha competenze tecniche, con interfacce intuitive e funzioni integrate per personalizzare e controllare gli agenti.
Nel mondo della formazione e delle professioni, sarà sempre più importante saper progettare flussi di lavoro che includano agenti, scrivere istruzioni chiare, leggere i risultati in modo critico e intervenire quando serve.
Le competenze digitali non si limiteranno a usare gli strumenti, ma riguarderanno anche la capacità di interagire con sistemi autonomi e intelligenti.
Siamo davanti a un cambiamento profondo: dalla tecnologia come strumento, alla tecnologia come collaboratore.
In uno scenario del genere, cambierà non solo come lavoriamo, ma anche come pensiamo ai ruoli, alle competenze e alle organizzazioni.
Stiamo vivendo tempi sicuramente dinamici e sta diventando faticosissimo starci dietro, soprattutto per chi oggi è chiamato a insegnare alle nuove generazioni mestieri futuri che potrebbero essere sconvolti da tutto questo.
Bisogna però fare qualcosa, soprattutto in Italia dove mentre il resto del mondo si fa domande e prende decisioni qui siamo ancora a discutere se virtuale è reale.