Ieri il solito rito collettivo moderno, la serata di Sanremo dedicata ai duetti con i cantanti e i loro ospiti.

Una serata che da parecchi anni ha la sua parte innestata sui social, la famosa social tv che diventa palinsesto narrativo parallelo e ibridato tanto da influire nello spettacolo principale.

Tutto normale, tutto moderno, tutto tremendamente divertente essere parte attiva dello spettacolo e avere i propri 15 post di gloria.

Ma in questo rincorrere la riconoscibilità in un campionato di ego a squadre competitivo e talvolta scorretto il quadro che ne esce non è esattamente apprezzabile.

La polarizzazione dei commenti tra entusiasmi stellari e abissi di insulti è un qualcosa di inguardabile e abbastanza intollerabile.

Il cinismo diventa cifra stilistica (allenati quotidianamente dalle news e dall’ispirazione pop soprattutto politica) e ci si ritrova in una discesa pericolosa in battute lametta, accostamenti coltellate, metafore tritacarne.

Tutti facciamo battute ironiche, tutti abbiamo voglia di intrattenerci e intrattenere ma esiste un limite che è quello del rispetto.

Rispetto che è spesso superato quotidianamente, che sia nel commento al ministro di turno, all’attrice, allo sconosciuto commento dello sconosciuto account che incocciamo nella nostra annoiata routine.

Rispetto che ieri è stato superato durante e dopo l’esibizione di Gianluca Grignani che ha scatenato migliaia di commenti ironici sulla evidente difficoltà passata e presente di un artista.

Cinismo a buon mercato, cattiveria ai saldi sul banchetto social, acredine in regalo al like o al retweet di passaggio, una gara a chi emerge di più per aver visibilità sulla pelle, sulla carne e sul cuore di una persona di cui conosciamo solo il vestito sgualcito e da quello lo giudichiamo e lo deridiamo.

Conosciamo poco delle persone che abbiamo di fronte per il pertugio social dal quale intravediamo barlumi della loro esistenza.

In questi anni ho conosciuto tante persone, tante storie, tante sofferenze nascoste dietro abiti in paillettes e numeri importanti, artisti, personaggi e sconosciuti: ascoltare le loro esperienze mi ha fatto sentire spesso un insensibile superficiale.

Ogni azione, ogni parola, ogni post ha delle conseguenze, siamo noi a decidere in quale forma, con quale risultato, nei confronti di quali persone.

Anche io nel passato l’ho fatto, non sono un’anima santa, non siamo più quelli di anni fa ma non siamo anche più nel tempo passato.

È che ieri, guardando il tritacarne nel quale è finito Grignani, mi sono vergognato di come siamo diventati in forza di una socialità da intrattenimento fine a se stessa che lascia più scorie e dolore che valore, anche solo di leggerezza.

Ogni volta che scrivo un tweet continuamente mi chiedo se sto rispettando le persone, il loro lavoro, le loro attese, la loro sensibilità. E se dopo averlo scritto ho solo anche un dubbio non lo posto.

Sbaglio ancora ma ci provo, continuamente.

Nel mio piccolo, per non avere sulla coscienza il dolore degli altri ma anzi per provare a essere vicini, anche se “solo” con delle parole.

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insopportabile

Ne ho le scatole piene, ma con eleganza.

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