Non serve a nulla tentare di progettare il turismo, i flussi, l’accoglienza, le filiere, la formazione, la rete di prodotto, le infrastrutture, i servizi, le certificazioni, la sostenibilità e il turismo delle esperienze, le strategie di digital marketing, social media e influencer, le sponsorizzazioni, le campagne di promozione, la destagionalizzazione, le sinergie, il vivere come un locale.

Tanto i turisti arrivano lo stesso, hanno ragione i politici.

Perché ogni attore del complicato meccanismo del turismo pensa di essere il pezzo più importante e del resto non gli importa, pensa che una sua (eventuale!) azione negativa avrà ricadute solo sulla sua attività e non invece sull’intero comparto.

La reputazione di una destinazione è somma di comportamenti, di attenzioni, di rispetto, di servizi, di livello generale e di azioni puntuali.

Un organismo complesso dove ogni cellula può diventare il virus letale che distrugge tutto.

Ma non importa, basta gestire l’ordinario, andare avanti nella mediocrità della convinzione che siccome si è sempre fatto così allora la cosa funzioni e non abbia necessità di essere migliorata.

Eppure basterebbe poco, per esempio nella società della comunicazione se tu attivi un canale uno si aspetta di avere delle risposte o almeno un messaggio automatico, un sorriso dietro un bancone o un tavolo, un consiglio, una parola, un ringraziamento.

Siamo meglio che solo dispenser di servizi a pagamento, il viaggio è scambio di culture, rapporti umani, esperienze, da millenni.

Cambiare l’inerzia ripartendo dalle persone, dall’attenzione nei loro confronti e da educazione e rispetto.

Anche se tanto i turisti arrivano lo stesso, fino a quando arriveranno.

insopportabile

Ne ho le scatole piene, ma con eleganza.

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