Ospito una lettera di Gian Mario Giua che ha passato 20 anni della sua vita in Meridiana e che racconta molto bene cosa abbia rappresentato in questi anni per la Sardegna Alisarda e poi Meridiana fino al tracollo e alla sua fine con AirItaly. Buona lettura.


La botta non era inattesa ma è stata brutta ugualmente. Leggere in un comunicato stampa che, con freddo distacco, veniva annunciata la fine di una storia lunga quasi sessant’anni è stato un pugno in pieno viso.

Per capire gli accadimenti di oggi è forse utile, come sempre, provare ad analizzare quelli del passato. Ci provo e cercherò di essere il più distaccato possibile e di non farmi condizionare dai vent’anni trascorsi in Meridiana. Sarà un racconto sintetico che tralascia molti aspetti sui quali preferisco che il lettore non si annoi.

Erano gli anni 60 quando un Principe illuminato decide di cambiare la storia di un pezzo di Sardegna e forse dell’isola intera. Fece nascere la Costa Smeralda dal nulla e dal nulla arrivarono crescita e sviluppo. Quella crescita e quello sviluppo furono supportati da una miriade di attività aziendali collaterali alla Costa Smeralda, prima fra tutte una Compagnia aerea.

Diede a quella compagnia un nome romantico come solo i principi nelle favole possono esserlo. Si chiamava Alisarda e fece conoscere al mondo intero la nostra Isola. I ritmi di crescita di quelle realtà aziendali legate alla Costa erano tanto impetuosi quanto sostenibili per un Azionista ed un management adeguati al business di allora.

Sono anni bellissimi, quelli.

L’apertura a nuovi mercati ed un nuovo dimensionamento europeo portano agli inizi degli anni 90 ad un cambio di denominazione in Meridiana. Restano comunque saldi in Sardegna cuore e mente dell’Azienda.

Sono anni in cui gli affari vanno bene, in un contesto congiunturale oggi irripetibile.
Occorre fare chiarezza su un aspetto. Se è vero che l’Azionista non ha percepito direttamente lauti dividendi dalla sua società, è altrettanto vero che un razionale utilizzo delle strutture infragruppo gli ha consentito alcune prese di beneficio non esattamente trascurabili e del tutto legittime, sia chiaro. Nel frattempo la politica regionale non dava all’investitore alcune strategiche risposte e l’investitore non riusciva a dialogare con essa, questo con particolare riguardo allo sviluppo turistico delle iniziative sulla Costa da cui inizierà un lento ma progressivo disinteresse.

Tutto questo accadeva mentre nell’Azienda veniva assicurato un clima invidiabile ai lavoratori. Continui investimenti nelle risorse umane e un non riscontrabile altrove, clima aziendale facevano di Meridiana un business case di successo in Sardegna e non solo. Le ricadute sociali di questo benessere erano palpabili nel territorio sul quale piovevano mensilmente miliardi di lire in termini di buste paga. Le condizioni a contorno erano profondamente diverse da quelle attuali, va riconosciuto. L’Azienda operava in condizioni di monopolio su alcune rotte e la profittabilità delle altre era assicurata da una oculata gestione degli accordi commerciali con le altre compagnie. Sulla capacità dell’Azionista di scegliere il proprio management ognuno potrà maturare la propria opinione. La mia da questo punto di vista è molto critica ma non arriva ad intaccare la riconoscenza che ho verso il Principe. Resta il fatto che mentre alla Compagnia veniva assicurata una presidenza onorifica solo in apparenza, la guida gestionale veniva delegata a soggetti che hanno mostrato attaccamento e competenze non sempre in linea con le attese.

Nel 2006 la svolta. Una compagnia che, stand-alone magari nutrita con le iniezioni di capitale successivamente effettuate dall’Azionista, avrebbe veleggiato con tranquillità nei difficili mari del trasporto aereo europeo già deregolato, decide di impelagarsi in una avventura chiamata Eurofly. Azienda cresciuta nel parastato diventava parte del gruppo con percentuali di controllo sempre crescenti da parte di Meridiana. Di questa nuova compagine, Meridiana, non solo si caricava le passività ma, peggio che mai, adottava il modello organizzativo. L’inizio della fine.

L’incontro successivo, l’abbraccio della morte, è con AirItaly. Quella del Comandante Gentile, per intenderci. L’integrazione che ne viene fuori restituisce un’azienda che si deve districare fra licenziamenti, reintegri, spostamenti del fulcro operativo da Olbia a Malpensa sempre più evidenti ed il solito avvicendarsi di dirigenti.

Si arriva quindi al capitolo Qatar. Preceduti dagli investimenti in Costa Smeralda e sul Mater Olbia gli emiri qatarioti decidono di utilizzare Airitaly per facilitare il loro sbarco negli USA aggirando i vincoli a stelle e strisce sulle compagnie aeree del Golfo.

Lo sbarco al Costa Smeralda degli emiri viene salutato da una folla plaudente fatta di politici e sindacalisti che vengono ammansiti da un faraonico piano di crescita con numeri che non vedranno mai la luce.
L’operazione non è certo a costo zero per il territorio. Quasi mille lavoratori vanno a casa solo parzialmente e limitatamente tutelati da un sistema di protezione sociale come la mobilità. Il baricentro delle operazioni viene ancora una volta e ancor di più spostato su Malpensa e se prima era stato il centrosinistra ad esultare per la conclusione del deal con Qatar, adesso sono i leghisti di Lombardia a sfregarsi le mani per l’arrivo a Malpensa degli emiri. Che sono sì extracomunitari ma questi ci piacciono.

(Poi si potrà pure riflettere sul fatto che una ministra dimissionaria che aveva gestito il dossier finisca a fare l’Amministratore della nuova Company. Ma questo attiene all’etica e ad un modo di amministrare che paiono demodè.)

La ciliegina sulla torta di questa strategia di uscita dalla Sardegna è rappresentata dal modo con cui è stata gestita l’ultima gara per la continuità territoriale sarda. Airitaly decide di lasciare Olbia e ci ritorna solo dopo le sollevazioni del territorio e grazie al fatto che Alitalia è quella che è.
Il resto è un lungo ed inesorabile declino. Fino ad ieri. Fino a quel comunicato.

E io oggi non ho più parole per farvi capire come sto, come stanno i miei ex colleghi, come sta un territorio ed un’isola che si scopre ancora una volta fragile e debole.
Gian Mario Giua

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insopportabile

Ne ho le scatole piene, ma con eleganza.

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