L’Italia oggi si sveglia con un referendum che non ha raggiunto il quorum e che quindi non avrà effetti sulla normativa che contestava. Questa la parte normativa.

È il come ci si è arrivati che merita due parole.

L’indegna cagnara che ha contraddistinto il dibattito a tratti mi ha fatto vergognare di essere italiano.

Avere il diritto di parola è diventato il diritto di offendere, di prevaricare, di irridere, di svilire e insultare pur di portare la discussione sulla propria posizione.

Il NO, il SI, l’andare o il non andare a votare diventano fondale irrilevante in una gara a chi urla per stupire e per attirare l’attenzione sull’inconsistenza dell’altro più che per la validità della propria convinzione.

E in questo minestrone di parole ci siamo finiti tutti, frullati dall’ansia di dire la nostra soprattutto per commentare quella degli altri.

In campo simpatizzanti e politici di maggioranza ad avallare atteggiamenti che fino a pochi anni fa erano bollati come fascisti contro un’opposizione che al di là del quesito ne faceva più che altro un test politico. Sugli spalti le tifoserie che urlavano a colpi di RT e tweet la loro appartenenza spesso a prescindere dal gioco e delle regole.

Vincere è l’unica cosa importante, in questa nazione avvilita da un livello di dibattito che raramente ho visto scendere così in basso.

Ho provato a informarmi, ho provato ad esprimere la mia idea, nonostante tutto. Ho anche scritto un post che è stato forse il meno letto da quando scrivo qui dentro.

Perché in fondo interessa semplificare, interessa un titolo, un tweet, una battuta sagace e irridente per capire la politica.

Manca la voglia di capire ma manca soprattutto la capacità di rispettare l’idea avversa.

A un tifoso non interessa capire, in fondo.

A un tifoso serve solo un’arena social e almeno due squadre.

Siamo agli albori dell’era del colosseo digitale.

insopportabile

Ne ho le scatole piene, ma con eleganza.

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